Prevenzione della crisi di impresa: nuovi assetti per le aziende, nuove attività per i professionisti, nuove regole per gli istituti di credito

Di seguito l'articolo scritto per la newsletter del Consorzio Camerale per il credito e la finanza sulla prevenzione della crisi di impresa: nuovi assetti per le aziende, nuove attività per i professionisti, nuove regole per gli istituti di credito.
Articoli | 01 Settembre 2017
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La recente evoluzione normativa in tema di vigilanza e controllo, volta ad anticipare gli stadi della crisi aziendale, porta con sé novità che andranno direttamente a mutare gli assetti delle aziende e il ruolo dei professionisti (consulenti, sindaci, revisori, organismi di vigilanza).

Le due principali novità risiedono nel disegno di legge n. 3671 del 18 maggio 2016 recante la “delega al Governo delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, divenuto disegno di legge delega 3671 bis il 27 gennaio 2017 in attesa di essere approvato dal Senato in tempi che parrebbero brevi e la proposta di direttiva del Parlamento Europeo n. 2016/0359 del 22 novembre 2016.

Entrambe le norme si concentrano sull’implementazione di sistemi di allerta precoci in grado di rilevare i sintomi del deterioramento aziendale e sulla necessità di porre in essere procedure di controllo interno ed esterno. La normativa europea si propone altresì di armonizzare a livello comunitario la gestione della crisi aziendale.

La ratio degli interventi normativi risiede nella volontà di generare un cambiamento culturale rispetto a come la crisi finanziaria viene affrontata: non più con un approccio di rilevazione a posteriori bensì di anticipazione dell’emersione dello stato di crisi.

In questa stessa direzione si collocano il D.Lgs 139 del 18 agosto 2015 nel quadro della normativa sull’informazione finanziaria che ha reso obbligatorio dal 1° gennaio 2016 la redazione del rendiconto finanziario e il nuovo articolo 2425 ter c.c. che ha posto l’attenzione sulla centralità dei flussi finanziari generati dall’operatività aziendale affinché gli stessi possano costituire l’informazione necessaria a verificare la sostenibilità dell’azienda in termini di capacità di solvibilità.

Non si vuole in questa sede entrare nel merito della descrizione dei sistemi di allerta ma si vuole invece porre l’attenzione su due aspetti di cambiamento che saranno introdotti dalle recenti normative: il mutamento del rapporto tra l’azienda, i professionisti, gli organi di controllo, gli istituti di credito e il cambiamento di coscienza delle aziende sul proprio stato di salute.

Il disegno di legge oggi all’approvazione del Senato pone a carico degli organi di controllo societari l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi di crisi.

I sindaci costituiscono l’unico organo di controllo interno riconosciuto dalla legge mentre i revisori costituiscono l’organismo esterno più vicino all’azienda: è ad essi che le nuove normative si rivolgono per la verifica della continuità aziendale ponendo loro in capo serie responsabilità in caso di omissione dei controlli volti alla prevenzione della crisi.

Gli amministratori, d’altra parte, hanno l’obbligo, in caso di avvertimento degli organi di controllo e sotto la loro supervisione, di porre in essere tempestivamente rimedi risolutivi dello stato di crisi. In caso di inadeguata risposta da parte dell’organo amministrativo, è previsto in capo all’organo di controllo il dovere di informare gli organismi di composizione della crisi. Lo stato di crisi diverrà così pubblico affinché l’azienda reagisca (forzatamente) al proprio stato di crisi.

L’obbligo di segnalazione in capo agli organi di controllo e il dovere degli amministratori di intervenire adeguatamente per la risoluzione della crisi comporterà un diverso impegno pratico e morale da parte di entrambi i soggetti.

Gli organi di controllo richiederanno, infatti, all’imprenditore di mettere a disposizione informazioni sistematiche adeguate e sufficienti all’elaborazione di analisi prospettiche per effettuare stime di probabilità di insolvenza e tali da permettere di formulare un ragionevole giudizio professionale sulla situazione aziendale.

Di conseguenza, l’azienda dovrà dotarsi di assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e il monitoraggio della continuità aziendale. Questo, in pratica, richiederà alle aziende di effettuare investimenti sui propri sistemi informativi nonché sulle risorse, interne od esterne, deputate al controllo di gestione.

Le nuove normative andranno a modificare anche il rapporto tra le aziende e gli istituti di credito. L’IFRS 9 sugli strumenti finanziari, in vigore dall’1 gennaio 2018, porterà ad un nuovo approccio gestionale delle banche chiamate a monitorare il rischio di credito anche sulle posizioni non deteriorate. Si passerà ad una logica di perdita attesa già a partire dall’origination della posizione con sistemi di allerta che si attiveranno dal trentesimo giorno di ritardo nel pagamento.

Cambierà così il rapporto tra banca e impresa: è ragionevole prevedere che le banche dovranno implementare sistemi più approfonditi e specifici di conoscenza dell’andamento aziendale, parametrando, in sede di affidamento, il rendimento con il relativo rischio prospettico di insolvenza.

Tutto ciò si tradurrà in un rapporto proattivo tra banca e cliente, ma anche in un più difficile ed oneroso accesso ai finanziamenti. Per l’ottenimento del credito, alle aziende non basterà più presentare l’ultimo bilancio corredato da una presunta stima di aggiornamento della situazione dei conti, ma occorrerà fornire un flusso informativo finanziario organizzato, continuamente aggiornato e prospettico.

Anche in questo caso, l’imprenditore sarà chiamato ad implementare assetti organizzativi e informativi adeguati.

Sicuramente si tratta di un mutamento culturale importante imposto da una crisi ampia e profonda che negli ultimi 10 anni ha colpito l’Europa. L’obiettivo comune è quello di evitare i dissesti aziendali, preservare l’occupazione e incentivare l’iniziativa imprenditoriale attraverso la rimozione delle conseguenze negative delle procedure fallimentari; questo a partire dal presupposto che la gestione anticipata della crisi allontanerà la prospettiva del fallimento e darà nuovo slancio alle aziende di tutta l’unione europea.

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