La disciplina della crisi di impresa nella gestione aziendale: il piano industriale alla base del progetto di risanamento

Di seguito l'articolo scritto per la newsletter del Consorzio Camerale per il credito e la finanza sul tema del piano industriale quale strumento alla base del progetto di risanamento.
Articoli | 01 Gennaio 2018
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01 Gennaio 2018

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Non occorre attendere l’approvazione degli schemi dei decreti legislativi di cui alla Legge n.155 del 2017 che porteranno, con tempistica ancora incerta, alla modifica dell’attuale Legge Fallimentare, per mettere già in pratica quanto di positivo può essere tratto da quegli scritti nonché dall’esperienza tratta dall’attuale normativa.

Ci riferiamo, in particolare, alla propensione della nuova disciplina verso un ulteriore sviluppo, rispetto a quanto già previsto dall’attuale Legge Fallimentare, dell’istituto del Concordato Preventivo in continuità (diretta o indiretta che sia) quale strumento di salvaguardia del patrimonio aziendale. Tale strumento di risoluzione della crisi di impresa è infatti già disciplinato dall’art.186-bis dell’attuale Legge Fallimentare che consente la prosecuzione dell’attività in capo al debitore.

Vale la pena ricordare quali siano i cardini che occorre rispettare per poter accedere a tale opportunità:

  • il piano di concordato deve contenere un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura (art. 186-bis L.F. c. 2 lett. a);
  • la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato deve essere funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori (art. 186-bis L.F. c. 2 lett. b).

In sostanza, quindi, il Progetto di Risanamento deve necessariamente avere alla propria base un “Piano Industriale” che, nel suo evolversi, deve evidenziare la capacità dell’impresa di risolvere le cause che l’hanno portata nello stato di crisi, riportandosi ad una condizione di equilibrio economico-finanziario e, ulteriormente, la continuazione dell’attività in capo al debitore deve rappresentare una possibilità in grado di garantire il miglior soddisfacimento dei creditori rispetto a procedure concorsuali alternative.

Essenziale al raggiungimento di tali obiettivi è sicuramente l’elevato livello qualitativo, di analisi e di attenzione richiesto nella redazione del Piano Industriale, pur tenendo in debita considerazione l’aleatorietà che contraddistingue qualsiasi attività di stima e previsione.

Sia l’esigenza di rispettare elevati standard di redazione del Piano Industriale, sia l’esistenza stessa di un Piano rappresentano il limite implicito all’utilizzo di questo vantaggioso strumento a disposizione del debitore. Spesso, infatti, le aziende, anche nella normale gestione della continuità aziendale in assenza di segnali di crisi, non dispongono di un “business plan/Piano Industriale” completo ed esauriente ma si limitano all’elaborazione di piani di budget per divisione o per prodotto per così dire “stand alone”, senza correlazione con la visione dell’intero complesso aziendale.

Quando si manifestano i primi segnali di crisi, la mancanza di un Piano Industriale della continuità rappresenta un limite molto forte alla possibilità di ricorrere allo strumento del Concordato in continuità diretta poiché, come detto, lo stesso prevede la risoluzione della crisi di impresa attraverso un Progetto di Risanamento che altro non è che il Piano della continuità adattato alla volontà di risolvere la crisi di impresa nell’ambito della specifica procedura concorsuale.

I “Principi di redazione dei piani di risanamento” pubblicati nel settembre 2017 dal CNDCEC, a cura di AIDEA, ANDAF, APRI, OCRI e AIAF, intervengono a dettare i criteri di riferimento da applicare nella stesura del documento e, dalla lettura degli stessi, appare evidente come l’attività di risanamento che viene esplicitata abbia una durata temporale prolungata che deve seguire l’impresa durante tutto l’arco temporale previsto per l’uscita dallo stato di crisi.

Il Piano di Risanamento, partendo da un’accurata analisi del quadro generale di partenza e delle cause che hanno portato allo stato di insolvenza della società, deve articolarsi evidenziando:

  • la strategia generale di risanamento: che prevede la definizione delle linee strategiche, del proprio impatto a livello industriale e finanziario provvedendo ad illustrare le eventuali operazioni straordinarie che si intendono porre in essere;
  • l’impatto specifico della strategia di risanamento: evidenziando l’effetto delle scelte strategiche sull’assetto organizzativo, sulle vendite, sulla rete commerciale, sulla produzione e sulle eventuali necessità di investimento e disinvestimento;
  • la manovra finanziaria: intesa come obiettivi della gestione finanziaria con effetto sul patrimonio netto (eventuali interventi di ricapitalizzazione), sull’esposizione debitoria (eventuale ricorso a nuovi finanziamenti) e sulla gestione della fiscalità;
  • l’illustrazione descrittiva dell’action plan ovvero di tutte quelle attività da porre in essere per il raggiungimento degli obiettivi fissati esplicitando in particolare le modalità di esecuzione, l’attribuzione delle relative responsabilità sugli obiettivi, l’allocazione delle risorse;
  • la redazione dello stato patrimoniale, del conto economico, del piano finanziario e del piano di tesoreria previsionali per tutta la durata del piano e fino al manifestarsi del ritrovato equilibrio aziendale;
  • l’analisi di sensitività: al fine di poter valutare al meglio il grado di aleatorietà insito in ogni attività previsionale, è necessario sottoporre a verifica i dati proposti evidenziando gli effetti economici, patrimoniali e finanziari che potrebbero verificarsi al variare delle ipotesi di base caratterizzate dal grado di criticità più elevato, evidenziando così conseguentemente il grado di sostenibilità del piano.

I “Principi di redazione dei piani di risanamento” evidenziano inoltre la necessità di una opportuna attività di monitoraggio del Piano. Tale attività, spesso svolta di concerto ed in stretta collaborazione con gli organi della procedura, si pone come obiettivo essenziale l’analisi dello stato di avanzamento nell’attuazione delle attività previste nel Piano stesso nonché dei risultati raggiunti; è quindi necessario che venga svolta in maniera costante, con tempistiche predefinite, assolte con puntualità e sufficientemente celeri in modo da poter essere in grado di evidenziare in maniera tempestiva scostamenti che possano rendere necessaria la modifica del piano stesso.

In conclusione, la disciplina della crisi di impresa, sia essa riferita all’attuale normativa o al nuovo Codice in attesa di essere approvato, sempre più è volta a penetrare gli ambiti della gestione aziendale, assumendo un approccio tipico del controllo di gestione.

E’ poi compito delle aziende saper cogliere le opportunità offerte dalle norme per risolvere il proprio stato di crisi. L’invito è pertanto quello di analizzare, affrontare e superare le situazioni di crisi a partire dagli ordinari strumenti di gestione aziendale quali la redazione del Piano Industriale e il monitoraggio costante dell’andamento dell’attività di impresa, da utilizzarsi soprattutto in via “preventiva” nell’evolversi della gestione, affinché, attraverso questi strumenti ordinari, l’azienda sia in grado di intervenire prontamente per risolvere la propria crisi attraverso il corretto utilizzo degli strumenti giuridici a disposizione.

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