Il concordato come accattivante strumento per la continuità delle aziende in crisi

Di seguito l'articolo scritto per la newsletter del Consorzio Camerale per il credito e la finanza sul concordato come accattivante strumento per la continuità delle aziende in crisi.
Articoli | 01 Marzo 2017
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Tra gli strumenti che la Legge mette a disposizione per la risoluzione delle crisi aziendali, il concordato preventivo di continuità diretta (art. 186 bis L.F.) rappresenta senza dubbio la scelta più accattivante per l’imprenditore in crisi. Esso permette infatti, soddisfatti i requisiti normativi, la prosecuzione dell’attività di impresa direttamente da parte dell’imprenditore con l’obiettivo di risanare lo squilibrio economico-finanziario attraverso la continuità della gestione aziendale. Si viene quindi a creare una dicotomia: l’azienda in crisi, tipicamente manchevole del cosiddetto principio del “going concern (continuità aziendale)” riesce a uscire dalla crisi proprio attraverso l’esercizio in continuità della propria attività.

La continuità di cui si parla non prevede, pertanto, la cessione del ramo d’azienda a terzi investitori e quindi nemmeno la conseguente fuoriuscita dell’imprenditore dalla propria realtà aziendale, come accade per il concordato cosiddetto in “continuità indiretta”. L’imprenditore resta invece al timone della propria azienda per traghettarla al di fuori della crisi attraverso l’implementazione di una strategia industriale e finanziaria condivisa e supportata dai consulenti esperti nel risanamento. Se il concordato in continuità diretta permette all’azienda di non subire il trauma di un passaggio nelle mani di terzi, è comunque un momento critico della vita aziendale che l’imprenditore non può affrontare da solo ma occorre che sia supportato da professionisti esperti nella gestione delle situazioni di crisi; infatti, proprio perché l’azienda rimane attiva, l’imprenditore deve focalizzarsi sull’attività di gestione, delegando agli esperti la gestione della ristrutturazione finanziaria.

I requisiti richiesti dalla norma sono elencati alle lettere a) e b) del secondo comma dell’art 186 bis L.F. e consistono nella predisposizione di un business plan (il Piano industriale) indicante i costi e i ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa e le risorse finanziarie necessarie con le relative modalità di copertura; il Piano in continuità diretta deve essere attestato da parte di un professionista indipendente che dichiari che la prosecuzione dell’attività di impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori; è possibile procedere alla liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa (ad esempio, gli immobili non strumentali o attrezzature e macchinari non necessari per la prosecuzione dell’attività) del cui ricavato beneficerà il Piano per il ripagamento dei creditori; inoltre, durante la fase di risanamento ai sensi dell’art.186 bis L.F., è possibile la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, tema importante per le aziende che svolgono attività attraverso la partecipazione a bandi e gare (ad esempio, le società di costruzione di strade e gallerie, le società di erogazione di servizi mensa, tutte le aziende che necessitano dei DURC, ecc.). Obiettivo del Piano è quello di consentire il risanamento dell’esposizione debitoria assicurando il riequilibrio finanziario (ed economico) dell’impresa.

Sono molti i vantaggi che caratterizzano questa forma di risoluzione della crisi; oltre alla citata prosecuzione dell’azienda in capo all’imprenditore, l’art. 186 bis L.F. permette il beneficio di disporre della moratoria di un anno per il pagamento dei crediti privilegiati,  del divieto di risoluzione dei contratti in corso da parte dei terzi (al fine di non ostacolare la continuità aziendale) e la possibilità di ottenere l’autorizzazione al pagamento dei creditori pregressi se strategici alla prosecuzione e funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori (art 182 quinquies). Trattasi di benefici di assoluta rilevanza per l’azienda che tenta di risolvere il proprio stato di crisi.

L’elemento cardine del concordato in continuità diretta è il business plan inteso come il Piano industriale di risanamento: attraverso la sua redazione, l’azienda in crisi deve dimostrare che la prosecuzione dell’attività sarà in grado di generare, negli anni indicati in Piano, flussi di cassa positivi e sufficienti a ripagare i debiti (ripartiti tra prededuzione, privilegiati e chirografari ai sensi dell’art. 160 L.F.). I flussi della gestione caratteristica saranno sommati, a beneficio dei creditori, ai flussi derivanti dalla cessione dei beni non strumentali alla prosecuzione dell’azienda e derivanti dalle eventuali immissioni di capitale da parte dei soci di riferimento o di nuovi soci. Dovranno essere esplicitate in Piano le ipotesi poste alla base del progetto gestionale nonché tutti i riferimenti metodologici utilizzati al fine di rendere possibili ai terzi la verifica della correttezza e della congruità dei calcoli e delle assunzioni alla base del Piano. Il business plan dovrà perciò esprimere in termini prudenziali le ragionevoli aspettative di risoluzione della crisi e non dovrà invece essere l’espressione del cosiddetto “libro dei sogni” dell’imprenditore. Il business plan  rappresenta di fatto lo strumento di turnaround attraverso cui si realizza la risoluzione della crisi poiché permette di impostare un progetto di discontinuità con il passato utilizzando leve di carattere operativo e gestionale.

Il concordato in continuità diretta è un valido strumento per tutte quelle aziende che, a prescindere dalla situazione di crisi, generalmente hanno un business remunerativo con alti flussi di cassa, una crisi generata da errati investimenti/situazioni straordinarie, bassi costi fissi o la possibilità di incidere sugli stessi, prospettive di mantenimento o crescita del proprio vantaggio competitivo sul mercato.

La possibilità di ridisegnare la propria azienda è un momento unico per l’imprenditore: con la finalità di ricostruire un progetto sostenibile in termini di capacità di generare redditi, egli potrà ad esempio implementare politiche di riduzione dei costi fissi e gestionali, potrà prevedere di svolgere la propria attività in una sede dai costi meno elevati, potrà riposizionare il business su un mercato che riterrà più adatto nonché potrà agire per una struttura più efficiente dei costi. Il Progetto di risanamento diverrà per l’azienda il punto di riferimento per la gestione aziendale nel corso degli anni di Piano; le sue linee guida non potranno essere modificate e a queste ci si dovrà strettamente attenere, sotto il controllo degli Organi della Procedura del Tribunale di riferimento.

Il concordato in continuità diretta si offre quindi quale seconda possibilità all’imprenditore in difficoltà: cancellate le cause della crisi, il ritorno all’equilibrio consente all’azienda di proseguire la propria attività, ai dipendenti di mantenere il proprio posto di lavoro, all’indotto di continuare a collaborare con l’azienda risanata.

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