“ESG” come strumento per superare la crisi di impresa

Di seguito l'articolo scritto per la newsletter del Consorzio Camerale per il credito e la finanza sulle novità per l’amministrazione straordinaria.
Articoli | 17 Luglio 2018
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17 Luglio 2018

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La sostenibilità economica, sociale e ambientale – definita con l’acronimo ESG Environment, Social, Governance – è entrata in vigore nel 2017 con il decreto legislativo 254/2016 interessando obbligatoriamente gli enti di pubblico interesse e quindi principalmente le grandi realtà quotate finanziarie e non (ma non solo), con il fine di promuovere la comunicazione di carattere non finanziario.

Il primo livello di sensibilità riguarda l’ambiente attraverso l’illustrazione delle politiche aziendali volte alla tutela dei rischi relativi ad esempio alle emissioni inquinanti per l’aria e l’acqua, agli sprechi, ai cambiamenti climatici. Il secondo riguarda le politiche sociali di genere, la tutela dei diritti umani, gli standard lavorativi, il welfare aziendale, la relazione con la comunità e il rispetto della legalità. Il terzo livello si riferisce al buon governo societario, come ad esempio alle politiche di remunerazione adottate in azienda, alla composizione del consiglio di amministrazione e dei comitati, alle procedure di controllo.

La sostenibilità sta diventando, a livello globale, un nuovo traguardo per le imprese catalizzando ingenti investimenti finalizzati ad acquisire la reputazione di “impresa sostenibile”.

Si tratta di un passaggio epocale, probabilmente innestato dalla fine della crisi degli ultimi 10 anni, con la sostituzione della massimizzazione del valore per i soli azionisti all’attenzione al valore per tutti gli stakeholder quali portatori di interessi nei confronti dell’impresa.

Gli anni bui della crisi hanno accesso una maggiore sensibilità alla consapevolezza e alla ricerca di informazioni; è di interesse pubblico conoscere come l’azienda si pone rispetto ai temi sensibili, come vengono elaborati i processi decisionali, come si pone l’azienda rispetto al mondo che la circonda.

Un modello di business più attento alla dimensione sociale e all’ambiente che circonda l’impresa poiché è questo che oggi il consumatore finale richiede e se l’azienda non vuole perdere quote di mercato, deve attrezzarsi per questa nuova sfida.

Il bilancio sociale è lo strumento che dà voce alle politiche di ESG e permette di divulgare ai terzi il valore economico della sostenibilità quale asset tangibile dell’azienda. La comunicazione dei valori non finanziari diventa ora un fattore critico di successo.

Infatti già diversi studi hanno dimostrato l’interessamento di fondi di investimento in quote di partecipazione in imprese italiane che prestano attenzione alle politiche di ESG; la sensibilizzazione a questi temi contribuisce a creare una maggiore sostenibilità finanziaria dell’impresa sul lungo periodo divenendo così attrattiva nei confronti degli investitori.

Le scelte di investimento stanno quindi abbandonando la mera valutazione delle performance finanziarie. Chi investe oggi vuole destinare le proprie risorse al miglioramento ambientale, è sensibile alle politiche di trattamento dei lavoratori, non vuole rendersi complice di crimini o di violazioni di legge.

Le PMI italiane, lo si è detto, non sono tenute a seguire i dettami della normativa in oggetto. Tuttavia, non prestare attenzione a questa nuova sensibilità potrebbe rappresentare un clamoroso errore. Le aziende per evolvere e rimanere competitive nel mercato ormai globale hanno necessità di crescere e di innovare; l’apertura ai temi della sostenibilità potrebbe rappresentare quel nuovo canale per introdurre in azienda capitali alternativi a quelli bancari sempre più difficili da reperire.

In ambito di prevenzione del rischio di crisi d’impresa, è assodata la consapevolezza dell’importanza dei sistemi di allerta affinchè si possa intervenire ai primi segnali di crisi, quando l’impresa ancora conserva il proprio valore.

E’ altresì noto che gli indicatori dello stato di crisi non debbano solamente essere di tipo numerico ma il monitoraggio della continuità aziendale deve aprire i propri orizzonti ai temi non finanziari: ad esempio alla verifica dei sistemi di governo dell’impresa e di controllo, alla natura delle spese e degli investimenti, al corretto rispetto delle normative e degli adempimenti.

I temi ESG diventano quindi un buon termometro dello stato di salute aziendale.

Il buon governo dell’impresa ad esempio permette di minimizzare i rischi gestionali e reputazionali a favore dell’ottimizzazione del valore d’azienda nel medio e lungo termine.

L’impresa che non investe nel miglioramento dei sistemi produttivi affinchè siano rispettosi dell’ambiente, che destina importanti risorse a remunerare consiglieri inattivi e non attua politiche di welfare a favore dei propri dipendenti, che non rispetta le normative fiscali e contributive, con tutta probabilità andrà incontro a serie difficoltà poiché non troverà il sostegno dei propri clienti, dei propri dipendenti, dei fornitori e di tutti gli altri portatori di interessi.

Valutare le imprese attraverso i parametri ESG contribuirà ad identificare con anticipo i segnali di una rotta non corretta e permetterà di correggerla.

Pertanto, il suggerimento rivolto alle PMI è quello di iniziare a sviluppare una maggiore sensibilità ai temi ESG dando voce al proprio impegno attraverso la spontanea pubblicazione del bilancio sociale.

Questo non solo permetterà di dimostrare l’impegno ambientale, etico e sociale ma con tutta probabilità darà alle imprese un nuovo impulso vitale rendendole più attrattive verso tutti gli stakeholders, contribuendo, ciascuno nel proprio piccolo, a migliorare l’ambiente circostante.

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